La mafia a Foggia? C’è, esiste ed uccide più della camorra. Oggi è la più cruenta, quella che uccide e piazza ordigni. Il capoluogo dauno, la seconda città d’Italia per estensione, è divisa tra le organizzazioni dei cerignolani, dediti alle rapine a blindati e portavalori, e quella garganica che assedia Vieste controllando estorsioni ai siti turistici e controllando il traffico di droga.

C’è poi la “Società Foggiana”, la criminalità organizzata di Foggia e San Severo.
È proprio di qui che è partito il lavoro “della Direzione Distrettuale Antimafia che ha lavorato persino in termini di terrorismo internazionale. L’operatività nel territorio foggiano di lupi solitari, hanno individuato componenti di cellule tra le più pericolose ed attrezzate facente capo all’ISIS quale quella cecena, poco conosciuta in Italia, che hanno documentato l’attività di indottrinamento e proselitismo nei confronti di minorenni, bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni”.
Ha aperto così la sua relazione la dottoressa Anna Maria Tosto, procuratore generale della Corte d’Appello di Bari. “I risultati sono stati importanti – ha detto – sia dal punto di vista operativo – con arresti, fermi, sequestri di armi, sostanze chimiche utili per il confezionamento di ordigni – che giudiziario con conferme d’accusa e condanne in primo grado che hanno dato vita a forme efficaci di collaborazione internazionali tra l’Autorità Giudiziaria e i Paesi stranieri”.
L’attività della DDA, però, ha profuso un impegno eccezionale per contrastare la criminalità organizzata che imperversa nella zona del capoluogo dauno. L’introduzione di un pool investigativo dedicato, con un incremento di procuratori e forze dell’ordine che lo compongono, ha consentito di ricostruire soprattutto nell’area garganica le dinamiche criminali in atto “facendo breccia” – come scrive il coordinatore della DDA Francesco Giannella – “sui muri di omertà e connivenze che caratterizzano storicamente quei contesti territoriali”.
“Un risultato – a detta della dott.ssa Tosto – che segna un cambiamento radicale nella storia della lotta al crimine in una zona da sempre impermeabile a forme di dissociazione e collaborazione, dove, invece, vige indifferenza e il tessuto sociale ha reso ordinario quello che non lo è”.
Sono aumentati il numero delle iscrizioni di procedimenti per i delitti di omicidio volontario, segnale di quanto radicato e pervasivo sia il metodo della violenza e della sopraffazione in quelle zone. Azioni di fuoco con pistole, canne mozze, che potrebbero uccidere innocenti, come il tragico errore del 9 agosto 2017 a San Marco in Lamis, in cui furono uccisi per sbaglio i fratelli Luciani.
Dopo l’adozione di misure cautelari a carico della maggior parte degli esponenti di spicco di quella criminalità, ad oggi la scia di sangue che ha marchiato l’area garganica “si è finalmente interrotta e il lavoro investigativo ha consentito di storicizzare e riassumere l’evoluzione della mafia foggiana”, ha confermato la dottoressa durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Il giro di “affari” della zona, però, è sempre quello: estorsioni e traffico di droga, bombe e caporalato. Nel foggiano l’ordigno è diventato un mezzo di comunicazione. Serve per far capire di aver ricevuto un’offesa o uno sgarro, un “Ricordati che devi pagare”, un “Apri pure il tuo negozio, ma sappi che se non vuoi altri ordigni devi venirci a cercare”. Talvolta le bombe servono perfino a eliminare la concorrenza scomoda.
Non manca neppure lo spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti: nell’entroterra la droga viene coltivata, mentre sulle coste garganiche proseguono gli sbarchi dei carichi provenienti dall’estero.
A questo si aggiunge la piaga del lavoro nero, alimentata dall’immigrazione clandestina, “il cui rimedio non potrà venire esclusivamente dalla repressione penale, malgrado di sia fatto ricorso alla normativa del 2016 per il contrasto al caporalato, applicati gli istituti più innovativi e i controlli giudiziari dell’azienda”, ha concluso il procuratore generale della Corte d’Appello di Bari.
L’attenzione, quindi, deve restare alta. Da parte della magistratura e dei cittadini.