Riorganizzazione del disciolto partito fascista e manifestazione fascista sono i reati contestati dalla Procura di Bari a 28 militanti di CasaPound. Sono chiuse le indagini sulla aggressione, avvenuta a Bari il 21 settembre 2018, nei confronti di alcuni manifestanti che tornavano da un corteo antifascista organizzato dopo la visita del ministro dell’Interno Matteo Salvini che si era tenuta qualche giorno prima. Tra i quattro feriti l’assistente parlamentare dell’eurodeputata Eleonora Forenza.

A dieci dei 28 militanti del movimento di estrema destra è contestato anche il reato di lesioni personali aggravate. Nei giorni scorsi la Cassazione ha confermato il sequestro della sede di CasaPound. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato a 33 persone. Oltre ai 28 di CasaPound, sono indagati cinque manifestanti antifascisti accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Le indagini della Digos sono state coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi. In particolare la magistratura barese contesta ai 28 militanti di CasaPound, tra i quali il responsabile del circolo Giuseppe Alberga, di “aver partecipato a pubbliche riunioni, compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ed in particolare – si legge nel capo d’imputazione – per aver attuato il metodo squadrista come strumento di partecipazione politica”. Del gruppo furono identificati anche altri due minorenni, la cui posizione è al vaglio della magistratura minorile. A dieci dei 28, ritenuti gli istigatori e gli autori materiali dell’aggressione, compiuta “con sfollagente, manubri da palestra, manganelli telescopici, cinture dei pantaloni, calci e pugni”, si contesta di aver attuato il “disegno criminoso giustificato dalla ideologia fascista” con premeditazione, “avendo organizzato l’aggressione in periodo precedente alla manifestazione con raccolta di armi e organizzazione di uomini”. Così avrebbero colpito, provocando ferite profonde anche alla testa, almeno quattro dei manifestanti che avevano poco prima sfilato nel corteo “Mai con Salvini” organizzato dal collettivo del centro sociale “Ex Caserma Liberata”. Dopo l’aggressione alcuni antifascisti, compagni delle vittime, “nel tentativo di sfondare il cordone dei militari” che erano intervenuti per “sedare gli animi”, avrebbero minacciato e colpito con calci, pugni e spintoni poliziotti e carabinieri.