Alle 11.06 del 12 luglio 2016 due treni della Ferrotramviaria che viaggiavano in direzione opposta sul binario unico della tratta ferroviaria Andria – Corato si scontrarono violentemente.

Dai vagoni, diventati un ammasso di lamiere, i soccorritori estrassero 23 cadaveri. Cinquantuno i feriti. Un disastro senza precedenti che ha lasciato un segno profondissimo nelle comunità di Andria e Corato, della Puglia e dell’Italia intera.

Oggi, a distanza di tre anni da quel tragico evento, la comunità pugliese torna a stringersi intorno alle famiglie delle vittime. Ricorda il sacrificio di quei viaggiatori incolpevoli, le cui vite si sono spezzate sul binario al km 51.

A Corato, di prima mattina, il sindaco Pasquale D’Introno ha deposto una corona di alloro dinanzi all’ingresso della stazione ferroviaria, nella piazza intitolata alle vittime del disastro ferroviario. Una cerimonia sobria, alla presenza dei consiglieri comunali, dei rappresentanti delle forze dell’ordine, vigili del fuoco e associazioni di volontariato che si prodigarono nei soccorsi e di alcuni familiari delle vittime.

“Il sangue versato non è andato perso. Le vittime, con la loro morte, hanno spinto a realizzare opere nuove in favore dei giovani e del territorio, ma anche opere di sicurezza per i viaggiatori e per chi prende quotidianamente un mezzo di trasporto» ha detto il sindaco di Corato. «Da questo incidente parte oggi una visione nuova del territorio molto più armonica che deve donare sviluppo” ha concluso.

A Bari, il sindaco Antonio Decaro, insieme con i sindaci di Ruvo, Trani, Barletta, Modugno, Andria e Corato e il vicepresidente del Consiglio regionale della Puglia, Peppino Longo, ha incontrato i familiari delle vittime davanti alla targa commemorativa nella piazza della stazione centrale di Bari per un momento di raccoglimento.

“Da quel giorno sono cambiate tante cose, – ha detto Decaro – è cambiata anche la normativa sulla sicurezza ferroviaria, oggi se ne occupa una agenzia nazionale, e noi abbiamo voluto mettere qui questa targa, davanti alla stazione centrale di Bari, perché questo è un luogo di passaggio, dove passano tanti pendolari e tanti studenti. Questo è il posto del diritto alla mobilità che è legato al diritto alla sicurezza. Nessuno deve morire mentre sta soddisfacendo un proprio diritto che è il diritto di andare a scuola o sul posto di lavoro”.

Alcuni familiari, a tre anni dalla strage, si dicono però “abbandonati dalle istituzioni” e “in attesa di giustizia”.
Sul disastro è iniziato da alcuni mesi un processo nei confronti di 17 persone e della società Ferrotramviaria e sono in corso i lavori di messa in sicurezza e ammodernamento della tratta, fino ad allora a binario unico.

“A distanza di tre anni – dice Donato Colaleo, marito di Anna Aloysi, una della vittime – purtroppo il procedimento vero e proprio non è ancora partito. Questo non ci ridarà i nostri familiari ma chiediamo almeno un po’ di chiarezza su quanto accaduto. Non abbiamo intenti vendicativi ma è giusto che i morti abbiano giustizia per una sepoltura definitiva”.

Il processo, che vede tra gli imputati 17 persone fisiche e la società Ferrotramviaria spa, ha subito un rallentamento a causa della ricusazione del collegio giudicante e la sostituzione dei magistrati.

Le udienze, sinora svolte, hanno riguardato adempimenti preliminari. Si tornerà in aula il prossimo 18 settembre. Resta da capire se la Corte di Cassazione accoglierà il ricorso avanzato da alcune parti civili contro la ricusazione del collegio giudicante.

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