Sarebbero quattro i decessi per legionella avvenuti al Policlinico di Bari tra il 2018 e il 2020. E enormi coltivazioni di batteri in alcuni reparti potrebbero causare altri morti. Per questo la Procura di Bari ha aperto un’inchiesta e il gip di Bari, Giuseppe De Beneditctis, ha disposto il sequestro dei padiglioni Chini e Asclepios (con facoltà d’uso) del Policlinico di Bari. Il giudice ha disposto “che tutti i reparti in funzione in ambedue le strutture in sequestro possano essere utilizzati in modo da garantire il normale svolgimento dell’attività sanitaria in corso“, precisando però, che la facoltà d’uso potrebbe essere revocata qualora ci si renda conto che l’infezione di legionella è così grave e diffusa da dover implicare la chiusura. Il procuratore vicario Roberto Rossi, oltre al sequestro, ha chiesto l’interdizione per il direttore generale Giovanni Migliore, per il direttore sanitario Matilde Carlucci, per il direttore amministrativo Tiziana Di Matteo, per il vicedirettore sanitario Giuseppe Calabrese, per il direttore dell’Area tecnica Claudio Forte.

Ai cinque indagati sono contestati i reati di omissione d’atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro reato. Questi saranno venerdì 27 novembre, a partire dalle 9.30, nel Tribunale penale di Poggiofranco. Da quanto è stato ricostruito all’interno della struttura non sarebbero state attuate tutte le misure di prevenzione e bonifica finalizzate all’eliminazione del batterio legionella dalle tubature di alcuni reparti. L’inchiesta è stata condotta dal Nas dei carabinieri ed è partita in seguito a un decesso avvenuto nel giugno 2018 di un paziente che aveva contratto la legionella mentre era ricoverato. I dirigenti successivamente non avrebbero adottato “alcuna misura di controllo e bonifica per l’eliminazione del batterio, la cui presenza era stata accertata nell’acqua prelevata dai rubinetti del reparto di Medicina interna Frugoni”, nel padiglione Chini dove il paziente era stato ricoverato dal 5 al 15 maggio. Dopo quella vicenda, gli indagati avrebbero “omesso di redigere e attuare, nell’ambito delle procedure per la prevenzione e controllo della legionellosi deliberate nel maggio 2019, l’analisi del rischio, il piano di sicurezza delle acque e il registro delle manutenzioni”, atti ritenuti “urgenti per ragioni di igiene e sanità pubblica”. Questo – secondo la Procura di Bari – avrebbe causato la morte di altri tre pazienti, il 6 maggio 2019, il 26 novembre 2019 e il 7 agosto 2020, ricoverati in periodi diversi nei reparti di Reumatologia universitaria, Medicina fisica e riabilitazione, all’interno del padiglione Asclepios e nel reparto Frugoni del Chini. Agli atti dell’indagine ci sono le denunce dei familiari delle quattro vittime, l’esito degli accertamenti dei carabinieri del Nas e delle indagini batteriologiche eseguite dall’Arpa Puglia nei diversi reparti dove i pazienti erano stati ricoverati. Per il giudice per le indagini preliminari, non essendo state attuate le misure necessarie a prevenire ulteriore diffusione del batterio, sussistono attualmente rischi elevatissimi di nuova verificazione di decessi.