Conferenza stampa indetta dalla TIMAC AGRO di Barletta, per analizzare i risultati della II seconda campagna di monitoraggio delle falde acquifere, promossa dal CNRR e dall’ARPA nel Marzo e Giugno 2020 e resi noti solo nel 2023. TIMAC AGRO ha subito, a seguito di una denuncia esposta dal Comitato Operazione Aria pulita BAT nel 2015, la confisca con facoltà d’uso dello stabilimento nel giugno 2016 e nel maggio 2018.
I dirigenti evidenziano come la grande azienda produttrice di concimi, storicamente insediata in Via Trani, sia stata oggetto in maniera infondata di una campagna accusatoria, che la vedrebbe come la principale fonte di emissioni sia odorigene sia inquinanti per le falde acquifere della città.

I risultati esposti sono stati elaborati a partire dai dati resi pubblici dalle società incaricate dal comune per condurre i rilevamenti attraverso piezometri posizionati nel perimetro della zona industriale, ad una profondità di 7.1 e 7.3 metri.

Seguendo la direzione di flusso della falda acquifera, che all’entroterra confluisce verso il mare (direzione sud ovest e nord est), si riscontra nei piezometri PZ1 e PZ6, posizionati in una zona non appartenente alla Timac a ridosso di via trani, un flusso di acqua di falda con già alte concentrazioni di elementi inquinanti.
I risultati analitici esposti dal dott. M. Meregaglia attestano in corrispondenza del piezometro P17 la più alta concentrazione di sostanze dannose per la salute, a monte dello stabilimento in questione, che quindi confluirebbero per naturale deferimento nel perimetro aziendale in maniera già impattata.

In particolare i metalli presenti comprenderebbero solfati e metalli pesanti come selenio, arsenico, tallio, manganese e Cromo IV, sostanze che secondo l’organizzazione mondiale per la sanità sono particolarmente cancerogene. I dati chimici evidenziano la presenza di un impatto localizzato a sud dello stabilimento Timac, circoscritto ad alcuni pieziometri con concentrazioni comprese tra 87 e 13 mg/l.
Ogni sostanza potenzialmente inquinante, secondo il responsabile della comunicazione Andrea Camaiora, non avrebbe mai superato i limiti consentiti dalla legge; posizione che ha già sollevato da ogni responsabilità la Timac Agro nel 2019 con la pronuncia del Pubblico Ministero, che ne escludeva ogni responsabilità.

Sfruttando il fenomeno di naturale eluizione delle acque gli agenti inquinanti diminuirebbero nel flusso di uscita, anche e soprattutto attraverso un impianto di depurazione posto all’interno dell’azienda. Secondo i dirigenti Timac lo stabilimento non è un agente inquinante, spiega il Professore e avvocato ambientalista M. Bennozzo, infatti ‘’L’acqua rimessa in falda è pulita’’.
Acqua che, spiega l’avvocato Salvi, non immette metalli pesanti nella falda acquifera, e quindi a valle non si verificherebbero emissioni di contaminanti in mare dall’azienda.

L’azienda in assoluta trasparenza, ha mostrato il processo di funzionamento degli impianti di depurazione, attraverso il perito ambientale dott. Meregaglia.

Le acque emunte sono mandate nei serbatoi di accumulo, da cui parte poi la fase di trattamento, chiamata ‘’ultrafiltrazione’’, in cui i solidi sospesi e materie colloidali sono spinti attraverso dei filtri in modo da eliminare le impurità. Seguono due processi di osmosi inversa di I e II livello e infine un ulteriore passaggio delle acque attraverso carboni attivi. Prima di essere rilasciati in falda dallo stabilimento, le acque subiscono un processo di rilevazione del materiale di sospensione a cadenza mensile.

Il set di depurazione – puntualizza l’avvocato Salvi – è congeniato in modo da trattare tutti i valori inquinanti presenti nel terrotorio, ma solo relativamente ai fluidi che attraversano il perimetro aziendale.

Al di là della conferenza stampa svolta dai dirigenti e legali dello stabilimento Timac, occorre far luce e chiarezza per rendere noto il profilo del principale agente contaminante dell’area industriale.