Il tempo stringe e la data del 15 settembre si avvicina in maniera inesorabile. E’ quella il termine ultimo, per i Commissari straordinari dell’Ilva, per la resistenza dei conti. Si resta in attesa del parere dell’Avvocatura dello Stato sulla procedura di gara, poi il ministro per lo sviluppo economico, Luigi Di Maio, darà indicazioni sulla tabella di marcia e deciderà se annullare o meno la gara in autotutela. Quella gara, per la venditra dell’Ilva alla Arcelor Mittal che lo stesso Di Maio ha definito un pasticcio. L’ultima parola spetterà quindi al Governo, ma questa si baserà, almeno per gli aspetti tecnici e legali, su quanto scriverà l’organo legale dello Stato sul suo parere. Un’altra data da segnare sul calendario, nella vicenda del siderurgico tarantinom, è quella del 24 ottobre, quando scadrà il procedimento amministrativo avviato da Mise lo scorso 24 luglio e finalizzato all’eventuale annullamento in autotutela del decreto di aggiudicazione della gara. “Un atto dovuto” dopo il parere espresso dall’Autorità Anticorruzione che per primo aveva evidenziato criticità nella procedura di aggiudicazione.

Nell’attesa che Di Maio apra, o chiuda, il tavolo per il rush finale della trattativa, le parti continuano a restare in contatto. Un accordo fra sindacati e azienda sul nodo occupazione e un ulteriore miglioramento dell’addendum ambientale potrebbero dare al viceministro Di Maio un elemento ulteriore per avallare la prevalenza dello stato di fatto di una procedura di assegnazione ormai avanzata e vicina alla soluzione, sulle criticità normative già riscontrate da numerosi giuristi. Insomma un accordo condiviso da tutti i soggetti in campo: azienda, sindacati, forze sociali e ovviamente Governo avrebbe il suo peso per allontanare quel Piano “B” che Di Maio tiene nel cassetto e sul quale girano diverse ipotesi.

Dalla prossima settimana, a meno di colpi di scena, dovrebbero riprendere gli incontri con i sindacati. Da entrambe le parti ci sono state delle concessioni e i numeri si sono avvicinati. Le ultime indiscrezioni davano la forbice ristretta sui 500-700 posti in ballo. Forse la prospettiva di una ripresa certa della produzione e della richiesta di acciaio anche dal mercato interno, magari spinto dal riavviarsi di un piano di risanamento delle opere e di edifici pubblici, potrebbe aiutare l’intesa.