I tredici cavalieri della Disfida 4.0 saranno quelli capitanati dal sindaco di Barletta, Cosimo Cannito. Questa, almeno, è il quadro che verrebbe fuori da una crisi politica tra le più repentine nella storia cittadina (sono passati solo due mesi dalle elezioni amministrative), probabilmente la più scontata (lo avevano annunciato le forze d’opposizione in campagna elettorale, che Cannito avrebbe avuto problemi nel tenere insieme la fin troppo eterogenea coalizione del Buon Governo), capace di regalare ogni giorno, in questo periodo coinciso con le dimissioni del sindaco, colpi di scena, ripensamenti, passi avanti e indietro (o di lato) a ripetizione.

Probabilmente ha ragione chi sostiene che ai barlettani di questi giochetti di palazzo non interessi nulla, ma bisogna seguirli con attenzione, questi tira e molla per poter dare una chiave di lettura ai provvedimenti che saranno adottati in questa consiliatura. Per il momento, però, ci atteniamo ai fatti: il sindaco, Cosimo Cannito, forzando la mano e minando sin da subito la maggioranza, ha nominato la Giunta e imposto il suo candidato alla presidenza del Consiglio comunale.

Mossa che ha provocato una scissione nella coalizione del Buon Governo: da una parte undici consiglieri, saliti a dodici con il rientro di Rosa Tupputi, dall’altra gli otto dissidenti, che non hanno mai gradito né la Giunta né il nome del presidente del consiglio comunale proposto dal sindaco (si tratta di Sabino Di Cataldo). Da lì è nata la crisi politica, con il passaggio a vuoto in consiglio comunale in pieno agosto (la mancata elezione del presidente), le dimissioni di Cannito e i venti giorni più anomali della storia recente della politica barlettana. Il sindaco ha lasciato il cerino nelle mano degli otto, chiedendo un documento nel quale fossero indicati i nomi del presidente del consiglio comunale e di due possibili assessori.

Gli otto (Ruggiero Di Corato, Pino Rizzi, Adelaide Spinazzola, Massimo Spinazzola, Giuseppe Losappio, Vincenzo Laforgia, Antonello Damato e Luigi Dimonte) non si sono tirati indietro e, ieri pomeriggio, hanno protocollato il documento, indicando Giuseppe Losappio come presidente del consiglio. Il sindaco, secondo chi gli è vicino, con i dodici consiglieri di maggioranza, avrebbe respinto questa proposta. Insomma, le distanze con i dissidenti restano, anzi c’è il rischio concreto che diventino insanabili. Una rottura che lascerà Cannito con una maggioranza di dodici consiglieri (tredici con lui) e la necessità di approvare i provvedimenti in consiglio comunale sempre in seconda convocazione. Sempre che si riesca ad eleggere un presidente dell’assemblea.