Un ragazzo, orfano di padre, vive con la madre e la solitudine lo sovrasta. Per farsi compagnia inventa personaggi di fantasia con cui intrattiene un dialogo d’amicizia e da cui scaturisce una profonda narrazione. I suoi amici erano piccoli e orfani: Maurù; Luna Azzurra, una gattina deliziosa, la micia della principessa Treccina la Dolce; Jago, il mago, un burattino mascherato che faceva divertire tutti; Helmut, il burattino indolente e pigro, il piccolo principe dagli occhi azzurri e dai capelli biondi; Faustus, un giovane salumaio che preparava panini imbottiti profumati da donare ai bambini poveri e affamati; Pablo e Diabla, l’indovina e l’ombra cattiva che parlava con i diavoli e gli dèi infernali. 

 

Piazza Roma, in un lontano pomeriggio del febbraio 1963, è vuota. Tanti anni fa, ad ogni angolo della Piazza, c’era un albero protetto da una inferriata. Il terreno alle radici dell’albero era coperto da un prato verde. I bambini osservavano il prato e sorridevano, correndo e giocando. Il piccolo prato era pulito ed ordinato. Quando nevicava, i bambini e i ragazzi più grandi si radunavano in piazza per giocare insieme e fare pupazzi di neve. Un ragazzo – in particolare – amava il prato e, uscendo da scuola, restava per ore ad osservare l’albero. Gli rievocava suo padre.

Era inverno e il vento di mare uccideva le foglie. Il ragazzo, che viveva in una casa umida e fredda, con sua madre anziana, faceva i compiti e sognava. Frequentava la scuola e, talvolta, parlava anche da solo. Cosa c’era di più bello che costruirsi il teatrino dei burattini con i materiali che si procurava dai vicini falegnami, dalla madre e dalla nonna? Per lo più erano burattini che non avevano una storia. Erano senza famiglia e vivevano per strada. Chiedevano elemosine. Spesso si facevano trovare all’uscita della Chiesa. Nessuno li curava. Trascorrevano la notte all’addiaccio oppure in casa del ragazzo. Erano i suoi amici figuranti, nutrivano la sua fantasia e animavano la sua vita orfana.

I suoi amici erano piccoli e orfani. Maurù era un bambino adottato da una famiglia di girovaghi circensi che l’avevano abbandonato non potendolo più sfamare. Treccina la Dolce, invece, era un’orfana che spesso faceva compagnia a Maurù. Bisticciavano di continuo, ma poi facevano pace. Una gattina deliziosa, Luna Azzurra, era la micia della principessa Treccina la Dolce: giravano per la città pescando cibo al mercato del pesce. E poi c’era Jago, il mago, un burattino mascherato che faceva divertire tutti. Il ragazzo lo immaginava come un pagliaccio bizzarro che faceva miracoli: era specializzato nelle apparizioni di adulti che volevano adottare bambini di strada. Proprio mentre apparivano i genitori pronti alle adozioni di Maurù oppure di Treccina la Dolce, d’un tratto, gli adulti scomparivano. C’era anche Pablo, il fornaio, che a furia di dare pane in omaggio ai bambini orfani che andavano a trovarlo s’era ridotto sul lastrico. Helmut, il burattino indolente e pigro, il piccolo principe dagli occhi azzurri e dai capelli biondi che Treccina la Dolce amava e che il ragazzo aveva trovato ad un mercatino di Venezia durante una vacanza con la madre. Anche Faustus, ogni tanto faceva la sua apparizione: un giovane salumaio che preparava panini imbottiti profumati che donava ai bambini poveri e affamati. Quando passeggiando, Maurù e Jago scoprivano che i panini si vendevano a prezzi scontati, correvano a più non posso, per approfittare della confusione e prenderne qualcuno. Un giorno, scoppiò un incendio nella casa del ragazzo. I suoi burattini rimasero bruciati e quasi soffocati dal fuoco e dalle fiamme. Quando finalmente riuscirono a domare le fiamme e a ripristinare il ritorno del ragazzo e di sua madre, dei burattini, ormai, non c’era più traccia.

Si era salvata soltanto Luna Azzurra, la gattina dal pelo azzurro e viola, con gli occhi spiritati e le vibrisse sempre in all’arme. Quando il ragazzo la ritrovò che rientrava nel suo teatrino, l’accarezzò e nel mentre l’accarezzava riapparve Treccina la Dolce che gli diceva “sono qui, mi sono salvata, ero in giro quando è scoppiato l’incendio”. Mentre così diceva, ecco d’un tratto l’apparizione di Jago in compagnia di Maurù, che aveva solo qualche graffio e una mano un po’ bruciacchiata. Mentre Luna Azzurra faceva le fusa, a tutti apparve Faustus con una borsa piena di panini che, di colpo, cominciò a distribuire. E gli altri? Helmut, Pablo e Diabla, l’indovina, l’ombra cattiva che parlava con diavoli e dèi infernali? Anche Diabla si era salvata dalle fiamme. Lei, sì che conosceva il segreto per salvarsi dal fuoco e dalle fiamme. Il ragazzo, dopo aver superato il senso di disperazione che lo aveva annichilito e riuscendo nuovamente ad organizzare il suo teatrino con gli otto personaggi in cerca di una storia, a sera tardi, si addormentò. Nessun pericolo per i suoi sogni. Quando si svegliava li donava ai suoi personaggi galanti, i suoi otto burattini in cerca d’autore. E tra tanti ghirigori, finalmente apparve Luna Azzurra.

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Giuseppe Lagrasta è uno studioso di management scolastico e di innovazioni didattiche. Si è occupato di Letteratura del Novecento pubblicando articoli e saggi su: Italo Calvino, Elio Vittorini, Tommaso Landolfi, Dino Buzzati, Gianni Rodari. Pubblica poesie, favole e filastrocche. Dirige dal 2009 la rivista di poesia e critica letteraria “La scrittura meridiana”. Ha svolto il ruolo di Dirigente Scolastico presso il Liceo Classico, Liceo Musicale, Liceo delle Scienze Umane, “Alfredo Casardi” di Barletta (BT).