Chili su chili di marijuana, spacciata come pomodori. È quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche e ambientali che, per un anno di attività di indagine dal 2016 al 2017, hanno portato gli agenti della sezione di Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Foggia ad arrestare quattro persone per detenzione e spaccio di droga. Le varie riprese sono state fatte nei pressi di un caseificio sulla Statale 16, nelle disponibilità di Giuseppe Bruno e di un autoparco in via Lucera, a Foggia, dove il 53enne aveva dei box in affitto dove avvenivano numerosi incontri tra i componenti del sodalizio.
Ma gli appuntamenti si davano anche nella cantina di Antonio De Lillo. Qui, con altri incensurati, sono stati visti dalla Polizia mentre in pieno agosto trascinavano fuori tre buste nere che, seppur nascoste dietro una siepe, non sfuggivano agli agenti che all’interno hanno trovato quasi 73 mila dosi, pari a 15 chili di droga.
Nel quadro investigativo e durante le intercettazioni emergeva che Bruno da un lato era interessato all’arresto dei sodali, ma dall’altro aveva la ferma volontà – insieme agli altri indagati liberi, cioè Antonio Cetta e Abdelaziz Fatouchi arrestati oggi -, di continuare con l’attività di coltivazione dello stupefacente.
A settembre, in ultimo, la Polizia riesce ad arrestare proprio Fatouchi e la moglie di De Lillo per coltivazione illegale di marijuana sempre nelle vicinanze della cantina di famiglia. Le piante presenti al momento dell’arresto, ammontavano a 16 chili di droga. Anche Cetta viene colto nell’attività di “pollice verde” nel terreno annesso alla sua abitazione in cui c’erano 905 piante alte 50 cm e un’altra coltivazione formata da 127 piante da un metro e 20 centimetri, custodite all’interno di una struttura in metallo coperta da teli in plastica con relativi sistemi di irrigazione.